Il Consiglio di Stato con la sentenza della terza sezione del 28 marzo 2022, n. 2274 ha affermato che il recesso da un contratto d’appalto da parte della pubblica amministrazione ha natura privatistica e non è possibile utilizzare lo strumento della revoca dell’aggiudicazione. Per i giudici la facoltà di recesso da parte del committente privato (all’art. 1671, Codice civile), traslata nell’ambito delle commesse pubbliche e riferita al committente pubblico, non cambia la natura del presupposto alla base del recesso, che si sostanzia, in entrambi i casi, in una rinnovata valutazione di opportunità a cui il legislatore connette la facoltà di sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale. Per altro il Consiglio già in passato si è espresso in tal senso.
Ricordiamo decisioni in adunanza plenaria nelle quali, già vigente il codice De Lise (d. lgs 163/2006), si stabiliva che se l’amministrazione, stipulato il contratto di appalto e successivamente sopraggiungono ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non può utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione ma deve esercitare il diritto potestativo regolato dall’art. 134 del d.lgs. n. 163 del 2006 (oggi art. 109 del d. lgs. n. 150/2016). Non rileva il fatto che la valutazione di opportunità a monte del recesso sia connessa alla cura dell’interesse pubblico e non si può, per questo, riqualificare come interesse legittimo la situazione soggettiva riconducibile al privato che ne viene eventualmente leso.
Tale situazione, hanno detto i giudici, in un contesto contrattuale nel quale è azionato il diritto potestativo di recedere dall’appalto, mantiene la sua declinazione privatistica. Nessuna apertura alla giurisdizione amministrativa può essere fatta perché l’amministrazione, dopo la stipula del contratto, è «contraente» e non «autorità». Quindi, il recesso si configura come un potere privatistico e i motivi, anche qualora formati ed elaborati in un contesto fondato sul procedimento amministrativo, non assumono il rilievo pubblicistico. Che la valutazione si delinei secondo un procedimento amministrativo, non consente di qualificare l’atto di recesso come afferente alla sfera pubblicistica di un provvedimento amministrativo.