Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 8180/2021 ha chiarito la differenza tra una proposta migliorativa oppure una variante, specificandone la loro eventuale ammissibilità
Il caso in oggetto riguardava l’aggiudicazione di un servizio triennale nei confronti§
dell’altro unico operatore partecipante alla procedura. Secondo il ricorrente, l’aggiudicatario aveva presentato nell’offerta tecnica un’integrazione, consistente in un impianto non previsto dall’appalto e introducendo così una “variante” non consentita dalla legge di gara.
Il Consiglio di Stato ha nella sentenza ricordato la distinzione tra proposta migliorativa e variante: in particolare, quando il sistema di selezione delle offerte è basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le soluzioni migliorative consistono nella libera esplicazione di tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni, sempre sulla base del progetto posto a base di gara e oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico; rimane preclusa comunque la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’amministrazione. Le varianti si sostanziano invece in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante.
Secondo il Consiglio di Stato, la proposta migliorativa fatta dall’operatore non si pone in contrasto con il disciplinare di gara: essa tra l’altro, nella valutazione effettuata dalla commissione, non ha assunto particolare rilievo e in caso di contrasto, questo avrebbe tutt’al più condotto a una non valutazione della miglioria, ma non all’inammissibilità della proposta.
Inoltre, il Collegio ha anche respinto il ricorso relativamente all’indeterminatezza del costo della manodopera, indicato con una stima annuale media anziché con il costo in ciascun anno di contratto.
Inoltre i giudici hanno richiamato il disposto dell’art. 95 comma 10, del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti Pubblici), secondo cui “nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)”.
Ne consegue che non vi è quindi l’obbligo di suddividere i costi della manodopera per annualità. Il ricorso è stato quindi respinto, confermando l’aggiudicazione del servizio al concorrente che ha presentato la proposta migliorativa senza che essa potesse essere considerata una variante, ossia una variazione sostanziale dell’oggetto dell’appalto.