Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1107/2022 ribadisce che i requisiti minimi degli operatori sono a discrezione della stazione appaltante
Le clausole del bando di gara che, ai sensi dell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici) individuano il livello minimo di capacità tecnica dell’impresa offerente hanno natura escludente e non sono nulle per contrasto col principio di tassatività delle cause di esclusione dalle gare di appalto.
Il ricorso verteva contro una stazione appaltante che aveva revocato l’aggiudicazione di una gara per mancanza dei requisiti tecnici; l’operatore che ha presentato appello, non solo non gestiva direttamente gli impianti per i quali erano richiesti i servizi oggetto di appalto, ma non si è nemmeno costituita in a.t.i., non ha utilizzato l’avvalimento e non ha stipulato contratti di sub appalto né prima l’emanazione del bando, come richiesto nel disciplinare di gara, né al momento della presentazione dell’offerta.
Già il TAR aveva respinto il ricorso sulla revoca dell’aggiudicazione.
Il Consiglio di Stato ha infatti ricordato quanto disposto dall’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici) secondo cui “Le stazioni appaltanti indicano le condizioni di partecipazione richieste, che possono essere espresse come livelli minimi di capacità, congiuntamente agli idonei mezzi di prova, nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse ed effettuano la verifica formale e sostanziale delle capacità realizzative, delle competenze tecniche e professionali, ivi comprese le risorse umane, organiche all’impresa, nonché delle attività effettivamente eseguite. Per i soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere d), e), f) e g), nel bando sono indicate le eventuali misure in cui gli stessi requisiti devono essere posseduti dai singoli concorrenti partecipanti. La mandataria in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria. I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.
Inoltre il Consiglio ha ricordato che il principio di tassatività delle cause di esclusione era già presente nell’ordinamento giuridico, specificatamente nell’art. 46 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, quale risultante dalla novella introdotta dall’art. 4, co. 2, lett. d), d.l. n. 70 del 2011 e che anche successivamente all’introduzione della regola della tassatività delle cause di esclusione nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici, si è statuito che fossero legittime le clausole dei bandi di gara che prevedono adempimenti a pena di esclusione anche di carattere formale, purché conformi ai tassativi casi contemplati dal medesimo comma, nonché dalle altre disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento di esecuzione e delle leggi statali.
Conseguentemente, la norma contenuta nell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016, non pone un divieto per la stazione appaltante di indicare nel bando le condizioni minime di partecipazione e i mezzi per verificarle, bensì ha regolamentato questo potere: ragion per cui la clausola del bando, in quanto riferita, ai sensi dell’art. 83, comma 8, ultimo periodo d.lgs. n. 50/2016, ai livelli minimi di capacità tecnica dell’impresa offerente risulta valida.
Essa è rivolta all’individuazione della platea dei potenziali partecipanti, escludendo chi non è in grado di comprovare il possesso del requisito tecnico-operativo richiesto, quindi è “immediatamente escludente”, ai fini del configurarsi dell’interesse a ricorrere e dell’individuazione del dies a quo a cui ancorare il termine di proposizione del ricorso.
Per di piu’ la clausola del bando risultava tutt’altro che equivoca, dato che le condizioni erano dettate in maniera chiara, fermo restando che non vi è alcuna restrizione del principio che demanda all’imprenditore l’organizzazione della sua impresa, essendo questi libero di scegliere la forma organizzativa più adatta al conseguimento di questo risultato. L’appello è stato quindi respinto: la clausola immediatamente escludente, oltre a non essere nulla, non risulta neppure equivoca ed eventualmente andava impugnata immediatamente e non a seguito dell’aggiudicazione per dedurne l’illegittimità.