Avvalimento solo premiale: no del Consiglio di Stato all’interpretazione autentica del nuovo Codice
No quindi all’interpretazione autentica di una norma introdotta con il d.lgs. n. 36/2023, che ha modificato profondamente l’istituto dell’avvalimento, come spiega il Consiglio di Stato con la sentenza del 28 maggio 2024, n. 4732 respingendo il ricorso di un operatore che aveva impugnato il provvedimento di aggiudicazione in favore di un altro operatore, chiedendo:
- di applicare l’avvalimento solo premiale, che avrebbe incrementato il proprio punteggio determinando la prima posizione in graduatoria;
- di appurare l’illegittima verifica dei requisiti del concorrente aggiudicatario avvenuta successivamente all’aggiudicazione della gara.
Tesi non condivise da Palazzo Spada, che ha confermato il corretto operato della stazione appaltante e le decisioni del TAR.
Verifica dei requisiti aggiudicatario: fase successiva all’aggiudicazione
Per quanto riguarda la fase di verifica dei requisiti, prevista dall’art. 32 del d.lgs. n. 50 del 2016 vigente ratione temporis, essa attiene al momento successivo all’aggiudicazione, quale condizione integrativa dell’efficacia di quest’ultima. In sede di verifica del possesso dei titoli successivamente all’avvenuta aggiudicazione, non può, tra l’altro, escludersi il soccorso istruttorio nel caso in cui il concorrente produca documentazione insufficiente o incompleta o errata, comunque inidonea a dimostrare il requisito così come posseduto e dichiarato all’atto di presentazione della domanda di partecipazione.
Soltanto all’esito della gara, dopo l’approvazione della proposta di aggiudicazione e il provvedimento di aggiudicazione, si procede alla verifica del possesso dei prescritti requisiti da parte della stazione appaltante mediante richiesta all’aggiudicatario di presentare i documenti all’uopo necessari, in conformità a quanto prescritto dagli artt. 86 e 87 del d.lgs. n. 50/2016.
Avvalimento solo premiale: le differenze tra vecchio e nuovo Codice
Per quanto riguarda l’avvalimento solo premiale, è infondata la richiesta dell’applicazione retroattiva l’art. 104 del nuovo Codice dei contratti pubblici. Spiegano i giudici d’appello che prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, la giurisprudenza aveva più volte affermato l’ammissibilità dell’avvalimento c.d. “premiale”, in virtù del quale esso interviene:
- nell’integrazione di un requisito di partecipazione;
- nel riconoscimento di punteggio nell’ambito della valutazione dell’offerta tecnica formulata tenendo in considerazione le competenze, le risorse e le capacità effettivamente trasferite dall’ausiliaria all’ausiliata.
Andava invece escluso l’avvalimento “premiale” che avesse l’esclusivo scopo di far conseguire all’ausiliata, che non necessitava di alcun incremento delle risorse per partecipare alla gara, una migliore valutazione dell’offerta.
L’art. 104 del nuovo Codice dei contratti pubblici prevede invece espressamente l’avvalimento premiale ma, com’è evidente, non è norma di interpretazione autentica.
Nell’impostazione del nuovo Codice dei contratti pubblici, come si legge nella stessa Relazione di accompagnamento, la disciplina dell’avvalimento è caratterizzata da un vero e proprio cambio di impostazione.
Il risultato di tale cambio di impostazione è:
- a) l’indicazione del tipo contrattuale dell’avvalimento, contratto rientrante nella categoria dei contratti di prestito con il quale un concorrente a una procedura di aggiudicazione può acquisire la disponibilità di risorse tecniche e umane altrui per eseguire il contratto;
- b) la previsione della normale onerosità del contratto con l’ammissione, comunque, della gratuità nel caso in cui essa corrisponda anche a un interesse proprio dell’impresa ausiliaria;
- c) l’attenzione incentrata sul contratto di avvalimento, anziché sul prestito dei requisiti, che ha consentito di ricomprendere nell’ambito dell’avvalimento anche quella particolare figura indicata come avvalimento premiale, in cui il prestito delle risorse è diretto a ottenere un punteggio più elevato e non invece il prestito dei requisiti di capacità mancanti.
La differente impostazione dell’art. 104 del Codice dei contratti pubblici rispetto a quella dell’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, vigente ratione temporis, non consente in alcun modo una sua applicazione retroattiva.
Conclude il Consiglio, respingendo l’appello, che si chiede ingiustamente di ricavare una norma per via interpretativa non già da una singola disposizione, isolatamente presa, ma da una pluralità di disposizioni combinate, ostando a questa operazione l’indubbia estraneità dell’art. 104 del nuovo Codice dei contratti pubblici al novero delle norme di interpretazione autentica