La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8588 del 16 marzo 2022 conferma la decisione dei giudici di secondo grado ed entra nel merito dell’esclusione da una gara per genericità del contratto di avvalimento
Nel caso oggetto dell’intervento della Cassazione, ricorre un raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) escluso da una gara con la conferma di una sentenza di secondo grado alla luce del portato dell’articolo 89 del codice dei contratti.
Secondo il Consiglio di Stato, l’art. 89 rende necessario che “le clausole del contratto di avvalimento non siano afflitte da eccessiva genericità, ma, al contrario, appaiano capaci di rendere puntualmente apprezzabili quali siano le risorse messe a disposizione dell’impresa ausiliata, al fine di evitare che il requisito risulti attribuito in via meramente cartolare e non effettiva”. In tale prospettiva il requisito di partecipazione concernente il “fatturato pregresso dell’operatore economico” è da intendersi, in forza della “vincolante indicazione contenuta nella clausola del disciplinare” di gara (“non impugnata e, quindi, non eludibile”), “come requisito al contempo finanziario e tecnico operativo”, deponendo in tal senso “l’univoca sua riconduzione al disposto delle lettere b) e c) dell’art. 83 comma 1 del d.lgs. 50/2016 – riferite rispettivamente alla capacità economica e finanziaria e alle capacità tecniche e professionali”.
Dal contratto di avvalimento stesso emergeva che l’ausiliaria, pur impegnatasi a fornire in modo continuativo le attrezzature compiutamente elencate, aveva del tutto eluso l’obbligo di indicazione puntuale della rimanente parte del suo contributo ausiliario, risultando del tutto indeterminate le tre voci afferenti al personale, al know how, agli stabilimenti e alle modalità di coordinamento e gestione dei servizi. Dunque le “lacune contenutistiche” del contratto di avvalimento erano palesi da giustificare l’esclusione dalla gara.
Secondo il ricorrente in Cassazione, però, sussisterebbe un caso tipico di difetto assoluto di giurisdizione in forza della considerazione che il giudice nazionale che faccia applicazione di normative nazionali (sostanziali o processuali) o di interpretazioni elaborate in ambito nazionale che risultino incompatibili con disposizioni del diritto dell’Unione, applicabili nella controversia, come interpretate dalla Corte di giustizia, esercita un potere giurisdizionale di cui è radicalmente privo.
Il ricorrente, inoltre, chiede la rimessione ex art. 267 T.F.U.E. alla Corte di Giustizia U.E. del seguente quesito interpretativo:
Se l’articolo 63 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, relativo all’istituto dell’avvalimento, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), osti all’applicazione della normativa nazionale italiana in materia di avvalimento e di esclusione dalle procedure di affidamento, contenuta nell’articolo 89, comma 1, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale nel caso di mancata specificazione dei requisiti formali e delle risorse messe a disposizione dell’impresa ausiliaria la stazione appaltante deve sempre escludere l’operatore economico concorrente in gara senza consentirgli la rettifica del contratto nell’ipotesi in cui l’impresa ausiliaria disponga dei requisiti generali e tecnici e delle risorse oggetto di avvalimento e non sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’articolo 80.
Sollevata anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 89, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, come modificato dall’art. 56, comma 1, del d.lgs. n. 56 del 2017, per violazione dell’art. 76 Cost., «nella parte in cui prevede, all’ultimo periodo, che la specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria sia “a pena di nullità”.
Di contro la Cassazione chiarisce che il contrasto delle decisioni giurisdizionali del Consiglio di Stato con il diritto europeo non integra, di per sé, l’eccesso di potere giurisdizionale denunziabile ai sensi dell’art. 111, comma ottavo, Cost., atteso che anche la violazione delle norme dell’Unione europea o della CEDU dà luogo ad un motivo di illegittimità, sia pure particolarmente qualificata, che si sottrae al controllo di giurisdizione della Corte di cassazione, né può essere attribuita rilevanza al dato qualitativo della gravità del vizio, essendo tale valutazione, sul piano teorico, incompatibile con la definizione degli ambiti di competenza e, sul piano fattuale, foriera di incertezze, in quanto affidata a valutazioni contingenti e soggettive.
La non sindacabilità da parte della Corte di cassazione delle violazioni del diritto dell’Unione europea e del mancato rinvio pregiudiziale ascrivibili alle sentenze pronunciate dagli organi di vertice delle magistrature speciali (nella specie, il Consiglio di Stato) risulta compatibile con il diritto dell’Unione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale ed europea, in quanto correttamente ispirato ad esigenze di limitazione delle impugnazioni, oltre che conforme ai principi del giusto processo ed idoneo a garantire l’effettività della tutela giurisdizionale, tenuto conto che è rimessa ai singoli Stati l’individuazione degli strumenti processuali per assicurare tutela ai diritti riconosciuti dall’Unione.
In questa ottica la sentenza del Consiglio di Stato non ha affatto superato i limiti esterni della giurisdizione amministrativa, bensì ha esercitato, nel definire i presupposti e i limiti di applicabilità dell’istituto dell’avvalimento di cui all’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, l’attività ermeneutica che compete al giudice amministrativo, là dove le doglianze di parte ricorrente non solo non colgono appieno la ratio decidendi della sentenza impugnata, che dà rilievo essenziale al tenore delle clausole, non impugnate, del disciplinare di gara, ma, in ogni caso, prospettano degli errores in iudicando in riferimento all’applicazione del diritto dell’Unione, non suscettibili, quindi, di sindacato in questa sede.
Inammissibili sono, infine, le richieste di rinvio pregiudiziale ex art. 267 T.F.U.E. e di rimessione alla Corte costituzionale di questione di legittimità costituzionale.