CONSIGLIO DI STATO: Bando illegittimo con clausole limitative di partecipazione

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 7597/2021 ha dato ragione al ricorso presentato da un operatore economico contro un’amministrazione comunale affermando che il disciplinare di gara non può riportare delle condizioni di partecipazione che violino i principi di equa partecipazione e libera concorrenza

Il Consiglio di Stato ha specificato che la stazione appaltante dispone di ampia discrezionalità nella redazione degli atti di gara ed è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti, purché tale scelta non sia eccessivamente ed irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito, e risponda, quindi ai parametri della ragionevolezza e della proporzionalità rispetto alla tipologia e all’oggetto dello specifico appalto.

Più specificamente, le prescrizioni di gara devono:

  • Assicurare la partecipazione alla gara di una pluralità di concorrenti che consenta all’amministrazione di aggiudicare l’appalto a quella ritenuta più vantaggiosa dopo aver vagliato una molteplicità di offerte.
  • Nel contempo, devono contemperare l’interesse pubblico ad ottenere il miglior servizio con il massimo risparmio di spesa.

Nel caso oggetto del ricorso  la stazione appaltante aveva invece precluso la partecipazione alla gara alle imprese di minori dimensioni, mediante l’indicazione di requisiti sproporzionati e incongrui rispetto all’oggetto dell’appalto.

Tale previsione della lex specialis di gara si presenta come del tutto ingiustificata e discriminatoria e, dunque, illegittima, ponendosi, altresì, in contrasto con il principio del favor partecipationis alle procedure di evidenza pubblica. La clausola si pone anche in contrasto con i principi eurounitari di libera concorrenza, poiché pone in essere una discriminazione in danno delle piccole imprese aventi un numero di dipendenti inferiore a quindici, a vantaggio di quelle di maggiori dimensioni.

Inoltre anche la richiesta del possesso di una sede operativa collocata ad una distanza massima di 50 km dalla sede comunale, sarebbe irrazionale e lesiva del principio del favor partecipationisalle procedure di evidenza pubblica, limitando in maniera del tutto arbitraria ed illegittima anche la libertà di iniziativa privata, sotto il profilo dell’organizzazione aziendale, ai sensi dell’art. 41 della Costituzione, nonché la violazione del principio di tassatività della cause di esclusione.

Il ricorso è stato quindi accolto, riconoscendo la sproporzione e l’illegittimità delle clausole limitative di partecipazione.