Il Tar Lazio, con la sentenza n. 7215 del 3 giugno 2022 ha annullato parzialmente il decreto dell’11 novembre 2021 (poi modificato il 7 dicembre per rettificare il prezzo medio di un materiale) emesso ai sensi dell’art.1-septies del decreto-legge 25 maggio 2021 n. 73 (cosiddetto Decreto Sostegni bis), per dare il via ad un meccanismo straordinario di adeguamento dei prezzi dei materiali da costruzione impiegati nei contratti in corso di esecuzione con «compensazioni, in aumento o in diminuzione», per le variazioni percentuali di prezzo, rispetto al prezzo medio dell’anno d’offerta, «eccedenti l’8% se riferite esclusivamente all’anno 2021 ed eccedenti il 10% complessivo se riferite a più anni».
L’ANCE aveva obiettato l’assenza di criteri univoci di rilevazione e in presenza di dati ritenuti evidentemente irragionevoli e contraddittori trasmessi da provveditorati, Unioncamere e Istat, nel decreto era stato riportato un aumento percentuale del tutto irragionevole e di gran lunga inferiore all’aumento reale registrato sul mercato per 15 materiali (dalle lamiere in acciaio, ai chiusini in ghisa, alle tubazioni in ferro e Pvc rigido, al legname e alle fibre in acciaio per il rinforzo del calcestruzzo).
Ha rafforzare l’azione dell’Ance era anche la rilevazione autonoma su 24 materiali ritenuti più significativi dall’associazione ed era mirata a contestare la metodologia adottata dal ministero evidenziando preliminarmente come la scelta di partenza dei 56 materiali da costruzione effettuata nell’anno 2006 non fosse più attuale; venivano quindi indicate alcune discrasie, a titolo esemplificativo, rinvenute nella rilevazione degli aumenti durante il primo semestre e si contestava il fatto che il ministero si fosse limitato ad «assemblare», tramite meri calcoli aritmetici, i dati trasmessi dalle tre fonti di rilevazione, senza quindi svolgere una reale istruttoria.
Il Tar, ha respinto un’eccezione di inammissibilità, e ha accolto in parte il ricorso riconoscendo che dal raffronto dei dati resi all’esito delle rilevazioni effettuate dai provveditorati, da un lato, e dalle camere di commercio dall’altro, il disallineamento tra la media prezzi ricavata dai due istituti di rilevazione risulta talmente ampio per alcuni materiali «da rendere evidente la presenza di anomalie nel reperimento e nell’elaborazione dei dati stessi; anche l’esame dei dati offerti dai singoli provveditorati evidenzia rilevanti disallineamenti». Pur tenendo conto dei differenti contesti territoriali risultava assai anomalo un range di variazione oscillante tra lo zero (Emilia Romagna) e oltre il 100% di altri contesti. Secondoil Tar si sarebbe dovuto «acclarare in maniera approfondita la causa che aveva generato tali anomalie e approntare i necessari correttivi mediante l’implementazione delle informazioni necessarie alla stabilizzazione del dato».
I giudici hanno riconosciuto che i dati non sono congrui, ma hanno respinto la richiesta dell’Ance di adottare rilevazioni esterne, essendo il sistema di rilevazione ministeriale dotato di «una propria complessiva validità. La sentenza ha chiesto al ministero un «supplemento istruttorio, condotto anche autonomamente ed eventualmente facendo ricorso anche ad altre fonti e tenendo, se del caso, anche conto delle introdotte nuove metodiche di rilevazione, revisione e aggregazione dei dati».