Il TAR entra nel merito del diniego di un accertamento di conformità e delle possibilità di sopraelevazione in condominio
Un’istanza di accertamento di conformità può essere rigettata per mancata produzione di documentazione di verifica degli indici e parametri urbanistico-edilizi oppure per la mancata acquisizione del verbale di assemblea condominiale che autorizza un intervento di sopraelevazione in condominio?
Accertamento di conformità e sopraelevazioni: interviene il TAR
Ha risposto a questa domanda il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania con la sentenza n. 381 del 7 febbraio 2022 resa in merito al diniego di accertamento di conformità presentato per alcuni interventi su un immobile ubicato all’ultimo piano di un fabbricato residenziale e più precisamente:
- il prolungamento di un pergolato già assentito;
- la chiusura di una piccola porzione del terrazzo;
- la realizzazione di un piccolo vano adibito a deposito.
Istanza rigettata per:
- mancata produzione di documentazione di verifica degli indici e parametri urbanistico-edilizi relativi alla richiesta di accertamento di conformità;
- mancata acquisizione del verbale di assemblea condominiale che autorizza l’intervento effettuato, in quanto lo stesso modifica l’aspetto esteriore dell’edificio potendo incidere, trattandosi di ampliamento volumetrico, sulla statica dello stesso.
Accertamento di conformità e carenza documentale
Come evidenziano i giudici del TAR, l’istanza di accertamento di conformità sarebbe stata rigettata perché carente della “verifica degli indici e parametri urbanistico edilizi dell’intero fabbricato comprensivo dell’opera di cui si richiede l’accertamento di conformità”.
Il TAR ha, però, confermato, che tale verifica attiene all’istruttoria di competenza dell’Ente, il quale semmai, ove non avesse potuto procedere alla verifica d’ufficio, avrebbe potuto/dovuto richiedere al ricorrente i documenti necessari per gli accertamenti, specificando dettagliatamente quali essi fossero.
L’opposta generica carenza documentale non può pertanto essere sufficiente a fondare l’impugnato diniego.
Sopraelevazione in condominio e delibera assembleare
In merito alla mancata acquisizione del verbale di assemblea condominiale che autorizza l’intervento effettuato, il TAR ha ricordato l’art. 1127 del codice civile che prescrive: “Il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare. La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono. I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti. Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un’indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare“.
La nozione di sopraelevazione, oggetto del predetto art. 1127 c.c., trova applicazione nei casi in cui il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio condominiale esegua nuovi piani o nuove fabbriche, ovvero trasformi locali preesistenti aumentandone le superfici e le volumetrie.
Per giurisprudenza pacifica, la ratio giustificatrice della norma va ricercata nel fatto che la sopraelevazione sfrutta lo spazio sovrastante l’edificio ed occupa la colonna d’aria su cui esso insiste, per cui l’esercizio di tale diritto non resta subordinato alla prestazione del consenso da parte degli altri condomini, a meno che non sia compromessa la statica e l’architettura dello stabile e non siano presenti limitazioni alla luce o all’aria del sottostante appartamento.
La facoltà di sopraelevare:
- spetta ex lege al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio (o al proprietario esclusivo del lastrico solare);
- non necessita di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini;
- può essere preclusa soltanto in forza di un’espressa pattuizione che, in sostanza, costituisca una servitù altius non tollendi a favore degli stessi.
Nel caso in esame, da un lato, non risulta sussistere tra i condomini un precedente accordo in senso contrario e, dall’altro, non viene allegato né tantomeno dimostrato – in positivo – da parte del Comune resistente un pregiudizio statico o architettonico.
Pergolato, croce e delizia in edilizia
Una contestazione non accolta dal TAR riguarda la qualificazione degli interventi che secondo il ricorrente rientrerebbero tra quelle previste per l’edilizia libera.
I giudici di primo grado rilevano, infatti, che la chiusura stabile non retrattile del pergolato, che faccia desumere una permanenza prolungata nel tempo del manufatto e delle utilità che esso è destinato ad arrecare, comportando una trasformazione edilizia del territorio, necessita di permesso di costruire.
Necessitano altresì di permesso di costruire “la realizzazione di un vano a forma rettangolare abitabile” e “la realizzazione di un vano adibito a deposito”, i quali hanno carattere urbanisticamente rilevante e comportano un aumento di volumetria. Essi non sono riconducibili alla nozione di pertinenza.
Per poter qualificare un’opera edilizia in termini di “pertinenza” occorre avere riguardo a tre ordini di parametri:
- il primo, positivo, di tipo funzionale, dovendo esso avere un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzo della costruzione;
- il secondo ed il terzo, negativi, ossia ricollegati, rispettivamente, all’impossibilità di soluzioni progettuali diverse e ad un rapporto di necessaria proporzionalità che deve sussistere fra le esigenze edilizie e il volume realizzato. Quest’ultimo deve essere completamente privo di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto esclusivamente destinato a contenere gli impianti serventi di una costruzione principale, che non possono essere ubicati all’interno di essa.
L’applicazione di tali criteri induce a concludere che i volumi tecnici degli edifici, per essere esclusi dal calcolo della volumetria, non devono assumere le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità.